Cosa c’entra un social network con le sostanze stupefacenti?

Immaginare la dipendenza come un concetto esteso a comportamenti, che non prevedono l’uso di una sostanza, è un pensiero complesso che necessita di elementi di comprensione per poter essere considerato.

Internet ha permesso a tutti di sostituire la vita reale con stanze virtuali dove poter esperire numerose attività superando così lo spazio, il tempo e le interazioni sociali frontali. Avere un profilo su un social network, ad esempio, è una chance per ridisegnare la propria immagine, sottolineare solo alcune peculiarità o semplicemente “esibire” ciò che vogliamo dire di noi stessi. Il meccanismo è semplice ma molto accattivante, perché è davvero un’opportunità per costruire un nuovo Sé che, tramite lo strumento virtuale, può fungere come un’estensione.

La diffusione del social network più famoso, Facebook, è stata virale e il report del Pew Research Center, riporta che il 70% degli utenti frequenta la propria pagina tutti i giorni, mentre il 45% lo fa più volte al giorno, con un incremento del 63% rispetto all’anno precedente.

Il social network dà la possibilità di rendere visibili le connessioni della nostra vita reale, in questo modo funge da prolungamento degli spazi fisici tipici della comunità ma, in un certo senso, li annulla.

Gestire la propria immagine in questo modo, può diventare una ricerca di ciò che può attirare l’altro, in qualche modo sedurlo, e può sostituire fino ad annullare la percezione e l’esposizione dei propri limiti. Accettare il limite ci serve per comprendere ed accettare tutto ciò che non riusciamo a fare o ad essere, nella vita reale questi limiti sono spesso palesati anche dalla relazione con l’altro. Annullando la fisicità e i parametri concreti delle relazioni, tali limiti possono essere superati. Ma i limiti sono una parte fondamentale per il nostro equilibrio, in quanto ci definiscono, e ci aiutano a sentirci veri e autentici.

Questa opportunità così semplice e accessibile, ha dei rischi?

I rischi connessi all’uso di questo strumento sono legati sia alla sfera psicologica ed emotiva sia a quella neurobiologica.

Intimamente la relazione e l’appagamento ricevuto dalla propria immagine su Facebook può diventare talmente potente da favorire un distacco dal mondo reale, fino ad un isolamento sempre più ricercato, preferendolo a qualunque altro tipo di relazione.

In questo modo la vita non si divide semplicemente tra reale (guidare, mangiare, dormire, parlare,…) e immaginario (fantasie e sogni) c’è anche un terzo scenario, quello virtuale che ha nel social network un proprio “luogo” e un proprio strumento. Scegliere il virtuale significa sacrificare e confondere gli altri due.

Ma è possibile, all’estremo, escludere la realtà e sostituirla con l’immagine decisa “a tavolino” su un social? Ogni volta che ci troviamo di fronte ad un altro, riusciamo a non sentirci frustrati dal senso di inadeguatezza che emerge in quanto non possiamo decidere cosa mostrare e filtrarlo a nostro piacimento dietro uno schermo?

Escludere la realtà non è possibile perché ci richiama costantemente ad essa, definendo così una barriera sempre più spessa tra quello che siamo e quello che vogliamo sembrare.

A livello neurobiologico alcuni studi dimostrano come nel cervello di chi abusa di facebook ci siano effetti simili a chi usa cocaina:

“L’analisi dell’attività cerebrale effettuata dai ricercatori ha rivelato che le immagini relative a Facebook attivavano in alcuni studenti l’amigdala e lo striato, due regioni del cervello coinvolte nei disturbi compulsivi, provocando un comportamento simile a quello delle persone dipendenti da cocaina.” 

Questi studi ci aiutano a comprendere, da un punto di vista fisiologico, come rimanere incollati ad un social sia una volontà di apparire ma anche un intimo appagamento non controllato dalla nostra coscienza.