Cosa significa perdere il controllo?

Quando si parla di dipendenze ci riferiamo a meccanismi che legano una persona sia da sostanze che da comportamenti e presentano la caratteristica della compulsività. Freud la chiamò coazione a ripetere (1920) dove il bisogno da soddisfare prende il posto del desiderio, cosicché la sofferenza mentale che sta alla base di questa condizione, limita al soggetto la possibilità di vivere le attese poiché il senso di solitudine che ne deriva è intollerabile; precludendone di fatto l’accesso alla creatività e favorendo il medesimo comportamento compulsivo nel tempo. La nosografia psichiatrica utilizza il termine addiction per gli aspetti psicologici e comportamentali della dipendenza, rispetto al termine dependence che invece si riferisce ai meccanismi biologici sottostanti .

Con la parola addiction definiamo una mancanza di libertà (dal latino “addictus” che significa schiavo) e viene utilizzata per descrivere qualunque forma di dipendenza, da sostanza o comportamento. Ogni condotta compulsiva si qualifica come “fuori controllo” e descrive una forte, improvvisa e improcrastinabile spinta verso l’assunzione di una sostanza o la messa in atto di un comportamento.

CRAVING
Questa spinta verso “l’oggetto” della propria dipendenza si chiama craving ossia il desiderio impulsivo per una sostanza psicoattiva, per un cibo o per qualunque altro oggetto-comportamento gratificante: questo desiderio impulsivo può indurre il comportamento additivo e la compulsione finalizzati a fruire dell’oggetto di desiderio.

Durante il craving vengono conivolti sia la mente che il corpo e questo è verificabile nelle manifestazioni cliniche legate all’astinenza.

“La crisi d’astinenza è nella sua accezione più ampia uno stato di insopportabile mancanza che necessita di soddisfazione immediata. E’ dunque mossa da un bisogno e non da un desiderio.”
Ciò che irrompe nella mente non può essere previsto, perché non è nato e non scaturisce da una elaborazione, è la stessa distanza strutturale che separa le fantasie dall’immaginazione o le intuizioni dai ragionamenti. Fantasie e intuizioni vengono dall’inconscio, immaginazione e ragionamenti passano per la coscienza. Nel craving c’è una parte cosciente che è rintracciabile nella coscienza di malattia, per il resto si attiva inconsapevolmente. Il craving, dunque, si colloca tra mente e corpo, con il supporto di tutto quello che le neuroscienze hanno acquisito sulla neuroplasticità celebrale, sulla teoria materialistica della coscienza e del ruolo di interazione con il mondo esterno (Edelmann, 2000), e sui neuroni specchio che ci spiega fisiologicamente la nostra capacità di metterci in relazione con gli altri (Rizzoli, 2006).

Ciò significa che la ripetizione di determinati comportamenti e le operazioni mentali che connesse si codificano in circuiti neuronali preferenziali con una memoria biologica, sono riattivabili anche con un minimo stimolo, come parti di un automatismo più complesso. Questo meccanismo di ripetizione sembra che abbia come obbiettivo non il piacere, ma il bisogno di distanziarsi da contenuti mentali collegati ad esperienze troppo dolorose per poter essere pensate e con le quali non è accettabile convivere.

“Nel gioco e nelle sostanze, il momento più bello è l’attesa; mentre stai andando a giocare è il momento più bello, più dell’uso. Il gioco ti rapisce la testa sempre, perché ci pensi sempre: il gioco non ti da il tempo di pensare.”Giocatore anonimo